Anno nuovo, strade nuove, dissi nel primo articolo di quest’anno (https://joepicchiblog.wordpress.com/2017/01/24/anno-nuovo-strade-nuove/). Ebbene, ecco la prima. È da ormai quattro settimane che dedico un venerdì alla settimana per guardare trash e B movies di ogni genere: vederli mi attira e mi diverte moltissimo, il che per uno che si proclama un fan sfegatato di Kubrick, Hitchcock, Scorsese e Allen è peccato almeno veniale. Perciò, a mo’ di espiazione per la volontaria e peccaminosa visione di tali orrori e di scusa verso Stefano e Lorenzo, i due cari amici (o vittime sacrificali, dipende dai punti di vista) che ho trascinato in questo delirante vortice di follia, ho deciso di narrare le tappe del Trash Tour in questa mia nuova rubrica. Apologia di Reato conterrà un po’ di tutto: disamina e voti come nelle recensioni, tono da appassionato ancora più scanzonato e di quello del Bat-Angolo e infine un’analisi che parli degli aneddoti, i segni particolari e i peggiori difetti delle pellicole più becere in circolazione. E come ci ha insegnato la recensione di Natale a Miami (https://joepicchiblog.wordpress.com/2015/05/14/natale-a-miami-italia-usa-2005-di-neri-parenti/), su questi filmacci non c’è mai troppo da dire, per quanto brutti essi siano; a lungo andare si rischia di ripetersi e concentrarsi sulle stesse cose ed ecco perché ne esaminerò 5 alla volta, così da poter controllare meglio le eventuali ripetizioni. Farò SPOILER? Forse, ma non sempre, qualcuna di queste “ “ “perle” ” ” (notare la fila di virgolette) ve la voglio consigliare. Badate bene, solo qualcuna, cioè quei caprolavori contrassegnati con il segno (*), spesso dei cult; per il resto meglio che prendiate atto e buonasera, io vi ho avvertiti! Bene, la lunga premessa è stata fatta, mancano ancora la legenda delle categorie con cui inquadreremo ogni film e una nota prima di iniziare; sperando che l’idea vi possa piacere, buona lettura!
LEGENDA CATEGORIE:
- Mediocre = da 5-6/10; né imperdibile né evitabile, guardarlo o meno dipende dai gusti
- B movie = da 5-6/10, talora 7; film a basso budget e senza pretese, mezzo riuscito e d’intrattenimento
- Film brutto = 5-3/10; in bilico tra un filmetto con qualche errore e un trash pieno di erroracci, non regala nulla se non fastidio, noia o rabbia
- Z movie/Trash movie involontario = dal 4/10 in giù; film a budget irrisorio repellente sotto ogni aspetto o, in molti casi, blockbuster colmo di fesserie hollywoodiane
- Z movie/Trash movie volontario = voto non fisso; relizzato in tale maniera o per necessità o per divertimento (vedi Troma), possiede una realizzazione sotto gli standard e trovate impensabili per una qualsiasi produzione di un certo livello
- So Bad It’s So Good = dal 4-3/10 in giù, talmente brutto e risibile da diventare irresistibile
- Cult movie = voto non fisso; per quei film che conquistano il cuore di molti appassionati
NB. Nonostante i film siano cinque, i venerdì in cui li abbiamo visionati sono stati tre (24 febbraio, 3 e 10 marzo): non imitateci!
#1: Parentesi tonde, Italia, 2006, di Michele Lunella*
Trash movie involontario; So Bad It’s So Good
Vanessa, spaventata dal matrimonio, e Manuela, stanca della propria relazione, si incontrano e fanno amicizia in un villaggio turistico a Tropea e, tra nuove conoscenze e divertenti equivoci, cercheranno l’amore per iniziare una nuova vita. Sì… in teoria! In realtà Parentesi tonde è un filmato da videocamera di 95 minuti creato solo per fare pubblicità agli sciagurati sponsor (tra cui Radio Kiss Kiss e lo stesso villaggio vacanze che funge da location) e, soprattutto, per far comparire tutto il peggio della televisione nostrana. Nel cast, infatti, troviamo Raffaella Lecciso, ossia la sorella di Loredana, come protagonista, Giucas solo-quando-lo-dirò-io Casella, er Mutanda Zequila, l’ex tronista di Uomini e donne Karim Capuano detto l’orco, la contessa De Blanck e tanti altri negati i cui siparietti per mettersi in mostra distruggono il già di per sé flebile filo narrativo, che nell’ultimo quarto d’ora viene annientato da un’interminabile sfilata precedente l’orribile finale. Ad aggravare il tutto c’è una regia inesistente, un comparto tecnico che fa acqua da tutte le parti (specialmente nel sonoro) e una sceneggiatura farcita di freddure, frasi fatte, proverbi e banalità a non finire. 14 giorni di proiezione in 9 sale e solo 9.727 euro di incasso, la Lunella Production (ma esisterà davvero?), dopo la pubblicazione in DVD, avrebbe voluto pure girare un sequel, Parentesi tonde in crociera! Insomma, vantarsi di averlo visto per intero è quasi una vergogna, eppure regala grasse e sane risate dall’inizio alla fine se lo si prende soltanto per uno dei trash più brutti della cinematografia italiana piuttosto che come un triste ritratto del degrado raggiunto dal nostro paese.
Voto: 1/10
#2: Jesus Christ Vampire Hunter, Canada, 2001, di Lee Demarbre
Trash movie volontario; So Bad It’s So Good; cult movie
Dalla Odessa Filmworks, la stessa casa che ha prodotto la saga di Harry Knuckles e Smash Cut (2009). Il film, più famoso per il titolo che per altro, è una specie di parodia satirica di Jesus Christ Superstar con l’aggiunta di combattimenti con arti marziali, vampiri a caccia di lesbiche e continui riferimenti alla moda e alla musica degli anni Settanta. Oltre a questo non rimane granché: la recitazione è tra il piatto e il distaccato, la musica brutta e le coreografie, per quanto fatte apposta in maniera rozza, risultano ancora meno accattivanti per via del montaggio, che rende noioso anche il resto nonostante la durata sia di un’ora e venti. Ci sono delle trovate spassose e delle battute badass, ma ciò è purtroppo insufficiente per giustificare lo status di cult. La “morale” dietro la vena sovversiva è comunque apprezzabile. Non ve lo consiglio, ma potreste comunque divertirvi se siete in compagnia. E tranquilli, è troppo fiacco e demente per risultare blasfemo.
Voto: 2/10
#3: Dinosauri, Germania, 2000, di Roswitha Haas*
Trash movie involontario; So Bad It’s So Good; cult movie
Detto così non tutti potrebbero capire, ma il nome della casa di produzione non lascia dubbi (e scampo): Dingo Pictures, signore e signori, un nome un programma! Quest’azienda tedesca è specializzata in mockbusters dei classici Disney, imitazioni realizzate con i soliti quattro ingredienti: 1) una manciata di fotogrammi per animazioni clonate all’infinito; 2) orribili disegni dalle anatomie ambigue e sfondi colorati con pennarelli scarichi; 3) scopiazzamenti di trama con contaminazioni risibili; 4) tre o quattro attori che doppiano anche in altre lingue per risparmiare. Riguardo al terzo punto, il nostro film accosta in maniera del tutto arbitraria la crudezza di Dinosauri della Disney al classico Alla ricerca della valle incantata: il risultato è risibile a dir poco, specialmente per le voci da transessuali argentini che hanno conquistato il popolo del web. E catturerà anche voi per tutti i suoi 50 minuti di durata: vedere per credere!
Voto: 1/10
#4: La croce dalle sette pietre (Il lupo mannaro contro la camorra), Italia, 1987, di Marco Antonio Andolfi*
Trash movie involontario; So Bad It’s So Good; cult movie
Se si commentasse scena per scena scriverei un pamphlet, per cui andiamo per sommi capi. Immaginatevi un attore di teatro originario di Napoli, cattolico praticante e probabilmente non in buoni rapporti con l’altro sesso che viene scippato nella sua città natale, dove, secondo lui, si possono ritrovare la malvagità e la corruzione che stanno rovinando il mondo. Ed immaginatevi che grazie a dei finanziamenti da parte del Ministero dei Beni Culturali giri un film dell’orrore per esprimere tutto questo. Ecco, l’attore in questione è Marco Antonio Andolfi e La croce dalle sette pietre l’aborto della sua mente impazzita. Lo scarso budget era di soli 150 milioni di vecchie lire, oggi neanche 80.000 euro: una cifra impensabile per girare un horror come si deve, ma l’arte di arrangiarsi scorre potente nel sangue degli italiani e Andolfi non fu da meno, ricoprendo gli incarichi di regista, sceneggiatore, attore principale con il nome d’arte di Eddy Endolf (“altrimenti le distribuzioni non mi prendevano in esame“) e interprete di due ruoli secondari, curatore degli effetti speciali, montatore, doppiatore di sette personaggi, stuntman in due occasioni “perché l’attore aveva paura“, direttore del doppiaggio italiano e inglese, curatore dell’uscita nelle due sale di Palermo e Trapani e supervisore per l’edizione home video! Se il film fosse genuinamente pecoreccio gli si potrebbe fare un applauso e perdonare la povertà scenica; purtropppo Andolfi, come dimostrano recenti interviste, è uno che la pensa all’antica e che si prende dannatamente sul serio e ne La croce dalle sette pietre dà sfogo a tutto il suo ego più che alla sua creatività, cercando di convincerci che quella scempiaggine indossata quando si trasforma sia la versione di un licantropo basata sulla mitologia greca e le icone cristiane e che il film simboleggi la battaglia tra il bene supremo e il male di chi abbandona la via del Signore. A questo desolante panorama si aggiungano: una scenggiatura senza capo né coda, colma di buchi logici, stereotipi e ingenuità; attori sconosciuti e incapaci oppure volti noti messi a casaccio come Annie Belle e Gordon Mitchell (eroe di molti peplum che qui sembra avere un infarto ogni frase invece di recitare); una fotografia e una colonna sonora fastidiose; una scena onirica piena di flashback e flashforward montata con i piedi e con un filtro giallo da mal di testa. Ma il peggio l’ho tenuto in conclusione, come ciliegina sulla torta: il film non soltanto ottenne successo all’estero arrivando fino in Argentina e Giappone, ma gode anche di una seconda versione nominata Talisman in cui, grazie a stock footage da altre pellicole e telegiornali, Andolfi estende la maledizione del protagonista all’Africa intera e ad un cortometraggio sequel intitolato Riecco Aborym, uscito esattamente vent’anni dopo! Putrido da fare schifo, La croce dalle sette pietre, tristemente noto anche come Il lupo mannaro contro la camorra, è il per nulla lodevole tentativo di sfruttare i residui di un cinema di genere ormai al tramonto a causa della televisione e che, se avesse avuto solamente esponenti come questo, non avrebbe lasciato un bel ricordo ai posteri.
Voto: 2/10
#5: L’uomo puma, Italia, 1980, di Alberto de Martino*
Trash movie involontario; So Bad It’s So Good; cult movie
Alberto De Martino, scomparso due anni fa, ha dato grande prova di sé nel cinema di genere. Tuttavia la sua “punta di diamante” è sicuramente L’uomo puma, realizzato sulla scia del Superman di Richard Donner (1978). Partiamo dall’introduzione: « Una antica leggenda azteca narra che nella notte dei tempi un dio bianco venuto dalle stelle scese sulla Terra e fu padre del primo Uomo Puma ». Lo spettatore dell’epoca, che nella locandina all’entrata del cinema avrà visto un uomo dal costume dorato con dietro la Morte Nera direttamente da Star Wars, cosa si sarebbe aspettato dai prossimi minuti? Io ipotizzo la storia di un uomo che avrebbe scoperto i propri poteri e nel contempo si sarebbe reso conto di essere il discendente di una civiltà extraterrestre accolta dalle popolazioni dell’antico Messico come divinità. E per l’epoca, quando non esisteva ancora internet e il cinema copia-e-incolla made in Italy riusciva ancora a fregare parecchie persone, sarebbe stata una supposizione più che legittima. Ma oggi, con un minimo di consapevolezza e un paio di ricerche in più, chi facesse tali pensieri sarebbe un illuso. Del dio bianco e compagnia, infatti, non verrà rivelato nient’altro. La primissima scena è invece incentrata sul villain Kobras, interpretato da Donald Pleasence, che testa i poteri tecnologici/magici di un’antica maschera azteca (come, dove e quando l’’ha trovata non è dato sapere) sull’improbabile archeologa che l’ha aiutato a trovarla, una Sydne Rome giovane, bella e sciaguratamente non doppiata. Poi il tutto precipita con le improbabili avventure di Tony, atletico (e inespressivo) discendente del primo Uomo Puma, e di Vadinho, sacerdote azteco che dovrebbe aiutare il protagonista ma in realtà è l’unico che effettivamente salva la situazione. De Martino ce la mise tutta per salvare la pessima sceneggiatura, apportando anche un po’ di umorismo sì becero ma che a conti fatti evitò un disastro. Tuttavia c’è un motivo se lui stesso lo definì l’unico passo falso della propria carriera (e quale persona sana di mente non avrebbe apostrofato così un titolo simile?) e Pleasence lo ritenesse l’opera più brutta a cui avesse preso parte. L’uomo puma infatti è divertente per i motivi sbagliati, privo di logica e senza un briciolo di intrattenimento. Il colpo di grazia sono però gli effetti speciali realizzati in pochissimi giorni che mostrano gli “strabilianti” poteri dell’Uomo Puma. È ormai diventata celebre la scena in cui Tony, indossando la cintura, ottiene il suo patetico costume e spicca in volo palesemente davanti ad un blue screen con una musica improbabile in sottofondo identica a Su di noi di Pupo. L’uomo puma è la pellicola definitiva sui supereroi, una spiritosa farsa in grado di far trovare a chiunque il lato comico insito nei film davvero pessimi.
Voto: 3/10
Nota finale: so che avrei dovuto fare anche una recensione, ma la lentezza nel ridefinire questo articolo, a cui tengo moltissimo, per quanto possa essere “leggero”, non mi ha consentito di scriverla. D’ora in poi non vi prometterò più nulla, giuro! Al massimo dirò “Proverò a…”, ma non vi garantisco nulla. A parte molta voglia di scrivere e altri trash in arrivo, naturalmente. A presto!