Aspettando The Irishman, parte 1 – Vicende produttive

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Nel 2013, in una libreria de La Feltrinelli a Brescia, il mio sguardo incrociò due libri fondamentali: il primo era la celebre intervista di François Truffaut ad Alfred Hitchcock, il secondo, dalla copertina rosso sangue con la foto di un personaggio a me ignoto, aveva una fascia gialla attorno che recitava “Da questo libro sarà tratto il prossimo film di Martin Scorsese“. Alla fine optai per Il cinema secondo Hitchcock, mentre l’altro rimase un rimpianto fino all’estate successiva, quando lo comprai e lo lessi tutto d’un fiato in una settimana. Quel libro era I Heard You Paint Houses di Charles Brandt e per vederlo trasposto ci sono voluti circa dieci anni principalmente a causa della realizzazione, nel frattempo, di quei grandi titoli che sono The Wolf of Wall Street (2013) e Silence (2016). Ma ormai l’attesa per The Irishman in questo ricchissimo 2019 si fa sempre più tenue e fremo per sapere se ne sarà valsa la pena. Eppure non è stato tutto rosa e fiori in questa decade, anzi, trattative e rinvii hanno occupato la maggior parte del tempo e ad un certo punto la produzione ha seriamente rischiato di bloccarsi. Ripercorreremo dunque il tragitto che ha fatto la storia di Frank Sheeran per passare da manoscritto a film, guarderemo a interpreti e controparti e vedremo infine che osservazioni trarne.

Se il libro uscì nel 2004, l’interesse per una trasposizione nacque verso il 2008, appena dopo la vittoria agli Oscar di The Departed. Era ancora tutto vago, Scorsese stava sia girando Shutter Island che completando il documentario George Harrison: Living in the Material World, la GK Films aveva acquistato i diritti de La straordinaria invenzione di Hugo Cabret e Leonardo DiCaprio quelli dell’autobiografia Il lupo di Wall Street (dalla quale, peraltro, Scorsese cercò di trarre una sceneggiatura proprio prima di iniziare le riprese di Shutter Island, in cinque mesi che egli definì “buttati via” dopo che la Warner Bros. non gli diede semaforo verde per la pre-produzione) e il progetto era semplicemente approdato alla Paramount Pictures mediante la casa di produzione del regista Sikelia Productions. Il maggior interessato era Robert De Niro in persona, disposto a finanziare il film con l’aiuto di Jane Rosenthal e la loro associazione TriBeCa Productions e desideroso che un copione interessante lo riunisse ancora una volta con l’amico, ma questi si trovava con vari progetti tra le mani ed era quindi una questione di scelte, oltre che ovviamente di spese, priorità dettate da diritti, impegni coi produttori, date di uscita e via dicendo. Ad esempio i due documentari A Letter to Elia (co-regia di Kent Jones) e La parola a Fran Lebowitz, usciti entrambi a fine 2010, non gli sottrassero molto tempo se non quello per la post-produzione di Hugo Cabret e di Living in the Material World, mentre altre idee, che si trattasse dei vociferati biopic su Theodore Roosevelt o Frank Sinatra o del tanto agognato adattamento del romanzo Silenzio di Shūsaku Endō, avrebbero richiesto più tempo ed energie. Tuttavia, per quanto Il lupo di Wall Street e, appunto, il dramma religioso Silence fossero in cima alla lista, dal 2010 si iniziò a parlare anche di The Irishman come un vero e proprio soggetto in divenire; addirittura in un’intervista a MTV del 16 aprile De Niro disse: “Abbiamo un’idea molto ambiziosa. La nostra intenzione è quella di dividere il film in due parti o addirittura di realizzare due differenti pellicole. È un’idea venuta allo sceneggiatore Eric Roth [Premio Oscar per Forrest Gump, ndr] che ha pensato di combinare i due film usando lo stesso materiale per creare un’opera del tutto differente, un lavoro sulla memoria che ricordi o La dolce vita, un’opera autobiografica basata sul vero rapporto che sussiste tra me e Marty.” L’intento sarebbe stato, dunque, quello di utilizzare l’espediente biografico per guardare al loro modo di lavorare e rivedersi nell’altrettanto fruttuoso rapporto di amicizia e complicità criminale tra Jimmy Hoffa e Frank Sheeran, tra ricordi, rimpianti, momenti difficili e gioie passate. Purtroppo questa fu una delle poche dichiarazioni riguardo al progetto per anni e l’idea dell’omaggio alla collaborazione della coppia d’oro della New Hollywood fu a quanto pare accantonata durante le cinque bozze della sceneggiatura scritte dal Premio Oscar Steven Zaillian.

The Audition

Tra il 2012 e il 2013 Scorsese si dedicò finalmente a The Wolf of Wall Street e, per ben 18 mesi, a The 50 Year Argument, documentario co-diretto con David Tedeschi sui cinquant’anni del bisettimanale letterario The New York Review of Books, in verità accolto piuttosto tiepidamente. Il 19 aprile 2013 Deadline Hollywood annunciò che il prossimo lavoro sarebbe stato Silence, dopo 24 anni di rimandi, tentennamenti e addirittura un’azione legale da parte di Vittorio Cecchi Gori; a febbraio 2014, dopo il successo mietuto in sala da The Wolf, cominciò la ricerca delle location a Taiwan per poter contenere i costi e far iniziare a luglio le riprese, poi rimandate al 30 gennaio 2015 e terminate il 15 maggio. In questi tre anni The Irishman (o perlomeno la sua sceneggiatura) divenne concreto e le voci sulla partecipazione di vecchi amici quali Joe Pesci e Harvey Keitel, oltre che di Al Pacino, si fecero sempre più solide: a inizio 2013, con l’imminente arrivo di The Wolf, il libro esordì anche in Italia; il 9 settembre 2014 Pacino diede conferma che il film era in fase di sviluppo e che sarebbe uscito subito dopo Silence; il 5 ottobre 2015 De Niro disse che stavano pensando di ringiovanire lui e colleghi nei periodi ambientati nel passato “come accaduto con Il curioso caso di Benjamin Button”. Inoltre il 3 ottobre 2015, al 20° Busan International Film Festival, si svolse una proiezione preliminare di The Audition, cortometraggio pubblicitario girato in occasione dell’apertura dello Studio City Macau Resort and Casino il 27 ottobre. In quel quarto d’ora, oltre ad un’apparizione di Brad Pitt, il mondo vide Scorsese, De Niro e DiCaprio riuniti tutti insieme per la prima volta sul grande schermo. Il cortometraggio infatti prendeva in giro i sodalizi del regista di Little Italy con i due, ma se il secondo stava ormai diventando una nuova costante della filmografia scorsesiana, rivedere De Niro con lui dopo vent’anni dall’uscita di Casinò non era cosa da poco e probabilmente The Audition fu un ulteriore stimolo per l’attesa del grande ritorno durante la lunga post-produzione di Silence.

Insomma, ormai bisognava “solo” reperire i finanziamenti. Ed essi non tardarono ad arrivare. Il 13 maggio 2016, durante lo svolgimento del 69° Festival di Cannes, Variety riportò che era ormai questione di un giorno prima che la casa di produzione messicana Fábrica de Cine (una delle otto che avevano sovvenzionato Silence) concludesse, dopo oltre un mese, le trattative con la Paramount per produrre il film con un finanziamento di 100 milioni di dollari; la Paramount avrebbe mantenuto i diritti di distribuzione sul suolo nordamericano. Appena due giorni dopo Deadline lanciò un’altra esclusiva: l’accordo era stato finalizzato e STX Entertainment aveva acquistato i diritti internazionali ad una cifra (pare) di 50 milioni a discapito di altre compagnie interessate tra cui Lions Gate Entertainment e  Universal Studios. Gastón Pavlovich, presidente di Fábrica, si disse entusiasta della collaborazione con i preparati dirigenti di STX, azienda in ascesa che aveva appena aperto una nuova divisione e firmato un accordo triennale con Huayi Brothers Media Corp, la più grande società cinematografica privata cinese (a tal proposito, i diritti di distribuzione in Cina andarono a Media Asia il 16 agosto). “È un evento cinematografico che probabilmente non si ripeterà mai“, dichiarò un altro dirigente a Deadline, “È Scorsese con De Niro. È Scorsese con Pacino per la prima volta. Crediamo fortemente nell’abilità dei registi. La decisione su chi unirci è davvero è ricaduta chi ha condiviso la nostra visione del film e ci ha creduto veramente“. Il 27 maggio, cinque giorni dopo la fine del Festival, il responsabile di Lucky Red Stefano Massenzi annunciò che essa aveva aggiunto The Irishman al proprio listino. Secondo l’amministratore unico Andrea Occhipinti, “Avere il privilegio di distribuire un film del più grande regista del cinema contemporaneo è per Lucky Red motivo di orgoglio, il riconoscimento di un lavoro quasi trentennale sugli autori, portato avanti con serietà e dedizione. Siamo emozionati e felici“. Ottenuto semaforo verde, in estate venne compiuto un ulteriore passo positivo: un incontro di due mesi tra Scorsese, De Niro, Zaillian e Charles Brandt sugli ultimi appunti da fare alla sceneggiatura; Brandt,  oltre ad essere grato per il coinvolgimento e per la suite d’albergo gentilmente offerta, alla fine dichiarò soddisfatto: “Non ho alcuna osservazione da fare. Questo è il Frank Sheeran che conoscevo e questo è il suo viaggio.

Tutto sembrava filare liscio, ma a frenare tutto quanto furono gli imprevisti con cui nessuno aveva fatto i conti. Dopo la prima mondiale al Pontificio Istituto Orientale di Roma il 29 novembre e una proiezione speciale il giorno successivo nella Città del Vaticano, Silence debuttò il 23 dicembre in una distribuzione limitata a quattro sale organizzata unicamente per concorrere agli Oscar e dal 6 gennaio 2017 la Paramount lo distribuì in altre 1576. Nonostante l’attenzione da parte del pubblico ecclesiastico e le critiche molto positive, gli incassi furono un disastro: di fronte a un budget compreso tra i 40 e i 50 milioni di dollari, la pellicola non ne incassò neanche 24, di cui 16,6 (pari al 70,1% del totale) provenienti dall’estero, con un calo del 53% alla sesta settimana di proiezione su nove nel Nord America e nessun premio di consolazione agli Oscar (ebbe una nomination solo la fotografia di Rodrigo Prieto, battuta da quella di Linus Sandgren per La La Land). Colpa del marketing nient’affatto aggressivo, degli altri concorrenti, del trailer rilasciato appena un mese prima, della lunga durata o dello scarso interesse degli spettatori per la tematica, fatto sta che le conseguenze si fecero sentire. Il budget di The Irishman stava superando i 100 milioni preventivati e un altro flop per Fábrica de Cine non sarebbe stato sostenibile, pertanto questa sciagurata coincidenza fece sì che a febbraio, non appena Pavlovich e Fábrica si chiamarono fuori, la Paramount Pictures mettesse in vendita i diritti di distribuzione nazionale. Pure quest’ultima era in cattive acque per via di un tumulto ai vertici: dopo 12 anni d’amministrazione il CEO Brad Grey, produttore, tra l’altro, di The Departed tramite la Plan B Entertainment, sarebbe stato estromesso a fine mese dopo lotte tra i suoi sostenitori e la famiglia dell’azionista di maggioranza Sumner Redstone a causa di una serie di fallimenti che avevano comportato perdite per 450 milioni di dollari, il crollo della quota di mercato e la retrocessione dietro tutte le altre cinque major hollywoodiane in ciascuno degli ultimi cinque anni civili; Grey sarebbe morto di cancro due mesi dopo, a soli 59 anni. Si evince che Silence fosse solo la punta dell’iceberg in quell’instabile quadro economico, mentre la storia di Sheeran parve tornare un miraggio, un altro sogno irrealizzabile che forse non avrebbe mai visto la luce.

Fu allora che entrò in gioco il più inaspettato dei concorrenti: Netflix, colosso dello streaming da più di 100 milioni di abbonati in 190 paesi, già messosi in gioco in produzioni originali di grande successo quali le serie House of Cards con Kevin Spacey e Orange Is the New Black. A quel punto, viste le garanzie date solo dalla sceneggiatura e dai diretti interessati, il film era diventato una vera scommessa d’autore e Netflix volle accettarla, probabilmente per potersi affacciare, con tutti i rischi, ad un panorama più ampio e portare il suo catalogo agli occhi dei critici cinematografici e dei cinefili ancora restii ad iscriversi. Dopo qualche giorno di trattative, il pomeriggio del 21 febbraio la Paramount aveva ancora in mano i suoi 15 milioni di diritti di distribuzione nel Nord America, ma già in prima serata il sito IndieWire dichiarò conclusi i negoziati per una somma vicina a 105 milioni, praticamente la stessa dell’ipotetico budget iniziale. E a quel punto, dopo soli due giorni, sorse l’ennesimo ostacolo, rimarcato da un report di Variety: STX stava valutando se intraprendere azioni legali contro il contratto in sospeso di Pavlovich con Netflix. Contrariamente infatti ad alcune voci che lo volevano fuori dai giochi nonostante le perdite di Silence, Pavlovich aveva insistito per rimanere a bordo e pare addirittura che la Paramount avesse passato prima a Fábrica i diritti per consentirgli di seguire l’accordo. Tuttavia, secondo alcune fonti, nel maggio 2016 a Cannes egli avrebbe detto ad Ari Emaneul, agente di Netflix e Scorsese per conto di William Morris Endeavor, e al manager Rick Yorn che quelli internazionali erano liberi e “completamente sgravati” nonostante STX li avesse appena ottenuti e persino rivenduti a terzi per un valore complessivo di 80-90 milioni di dollari tra 50 di accordi e altri 30-40 già assicurati di crediti d’imposta e incentivi. E la notizia che Netflix puntava al controllo globale del mercato mise in allarme gli acquirenti esteri, per nulla intenzionati a sbrogliare e cancellare gli impegni presi. Alcuni di loro rilasciarono dichiarazioni in quello stesso servizio: il rappresentante di Media Asia per Hong Kong e Olivier Van den Broeck di The Searchers per il Belgio rimarcarono il contratto giuridicamente vincolante, mentre Massenzi aggiunse stizzito: “È come se mi vendessi un appartamento e poi dicessi che qualcun altro entrerà” (il 3 marzo Occhipinti, alla presentazione della campagna Io faccio film promossa da ANICA, FAPAV, MPA e UNIVIDEO, disse più cautamente: “Noi sicuramente non ci rinunciamo, abbiamo un contratto ed è stata una sorpresa di cui non sapevamo niente, penso che neanche i venditori ne fossero al corrente. Probabilmente c’è un rapporto tra Netflix e i produttori, ma ritengo solo per il mercato americano“).

Dopo quasi un anno di riunioni, e-mail e telefonate, la situazione si concluse il 9 febbraio 2018. Una volta partiti i meeting emersero le tracce delle pratiche burocratiche dell’accordo precedente tra Fábrica e STX e poiché la prima intendeva lasciarsi alle spalle ogni possibile controversia è stato chiesto alla seconda se volesse far parte dei finanziatori, ma alla fine non fu ritenuto conveniente e per venire incontro agli interessi di tutti STX ottenne, in collaborazione con Media Asia, la distribuzione in Cina per poche settimane prima del possibile lancio sul sito web di video iQiyi; come Google, Netflix non è infatti disponibile nella Repubblica Popolare e per ovviare a ciò in aprile 2017 aveva chiuso una trattativa per dare in licenza ad iQiyi alcuni suoi prodotti originali ed immetterli così nel secondo mercato cinematografico più grande del mondo dopo il Nord America. Probabilmente si tratterà di una delle poche proiezioni nei teatri per The Irishman, in quanto sappiamo che Netflix prevede di farlo uscire in un numero limitato di sale sicuramente negli Stati Uniti e in Inghilterra (o, nelle parole di Deadline, in about 10 markets), visto che sarebbe stato esplicitamente richiesto da Martin Scorsese in fase della stipulazione del contratto. Non da sottovalutare il fatto che Cina continentale aprirebbe di nuovo le porte a Scorsese, vent’anni dopo aver bandito il suo biopic sulla vita del XIV Dalai Lama, Kundun.

Questo complicato sbroglio della matassa fortunatamente non rallentò la produzione, ormai messasi in moto. A luglio 2017 Pesci (Deadline e altre fonti raccontano che avesse rifiutato ben cinquanta volte prima di accettare) e Pacino entrarono ufficialmente a far parte del cast, seguiti a ruota da Ray Romano (13 luglio) e, nelle trattative finali, da Keitel e Bobby Cannavale, mentre Jack Huston, Stephen Graham, Domenick Lombardozzi e quasi tutti gli attori secondari, Anna Paquin e il rapper Action Bronson si aggiunsero tra l’11 settembre e i primi di ottobre, a riprese iniziate. Sempre a luglio, su Indiewire, fu riportato che la sceneggiatura era strutturata a flashback e che in tutti sarebbe apparso solo De Niro, il quale confermò questo massiccio impiego degli effetti visivi à la Benjamin Button in vece di attori più giovani, controfigure e trucco prostetico in un’intervista del 22 agosto, dove spiegava che sarebbe impossibile realizzare The Irishman senza il sostegno di Netflix: “Abbiamo bisogno dei soldi per realizzarlo nel modo giusto e non era finanziabile in nessun altro modo, o in quello tradizionale se preferite chiamarlo così. […] Gireremo prima le scene in cui il mio personaggio è giovane e poi quelle dei decenni successivi in ordine cronologico. Cercano di produrlo nel modo migliore e l’obiettivo è quello di realizzare qualcosa di speciale che chiunque vorrebbe vedere. Sono davvero entusiasta e non vedo l’ora di farlo“. Il primo ciak fu battuto ufficialmente il 29 agosto 2017 a Orchard Street, New York, e il 18 settembre 2017 si cominciò a girare fino al 5 marzo 2018, data in cui lo stesso Scorsese annunciò con una foto sul suo profilo Instagram la fine delle riprese: dopo dieci anni il cammino era finalmente terminato. Lo stesso giorno fu riferito che il budget era salito da 125 a 140 milioni, il che rende The Irishman il più costoso prodotto originale di Netflix. Se fosse però confermato il rialzo a 175 (si dice anche 200, ma forse è un’esagerazione), dovuto sì anche ai grandi cachet (quello del regista si aggira tra i 10 e i 15) ma soprattutto agli effetti visivi, si tratterebbe anche del più costoso lungometraggio di Scorsese. Finora, ricordiamo, il più caro della sua filmografia è Hugo Cabret con un budget compreso tra i 156 e i 170 milioni di dollari (e purtroppo solo 185,8 milioni al botteghino, con una conseguente perdita netta stimata a 100 milioni), mentre i 100 di Gangs of New York e The Wolf of Wall Street e  i 110 di The Aviator sono stati abbondantemente superati.

Parlando di durata al primo posto trionfa The Wolf of Wall Street con le sue tre ore (180 minuti), seguito da Casinò (178 minuti) e ancora The Aviator (170 minuti). Ebbene, The Irishman potrebbe avvicinarsi molto a queste cifre, dato che al record del periodo di riprese più lungo per il regista di Little Italy (106 giorni) si aggiunge un altro singolare “primato”. Stando alle sue parole in un’intervista risalente al 10 maggio 2018, in occasione del 71° Festival di Cannes, per il film sono state realizzate 300 scene (in media un lungometraggio ne ha tra le 40 e le 60), quantità che gli ha fatto cambiare radicalmente la loro preparazione, dalla classica pianificazione in anticipo mediante dettagliati storyboard a un modo per lui inusuale, ossia andare avanti giorno per giorno e concentrandosi sugli attori, specialmente per le scene di dialogo a doppia inquadratura da rendere più spontanee col loro contributo: “La cosa più importante è stata pensare agli attori e rendere piacevoli le riprese. Quello è diventato il fulcro della messa in scena per me. E richiama molto Fronte del porto, La valle dell’Eden e Fango sulle stelle. Film magnifici. Tutte le scene di Toro scatenato erano state disegnate su dei fogli. Prima abbiamo girato quelle di combattimento. Dieci settimane. Avrebbero dovuto essere tre. Stessa cosa per tutto Taxi Driver e Mean Streets. Innanzitutto perché avevamo poco tempo a disposizione. Avevo bisogno dei disegni da far vedere al cameraman e dirgli ‘Fai così’. Per spiegargli quello che avevo in mente.” Infine, gli effetti speciali e visivi saranno curati dalla Industrial Light & Magic, divisione della Lucasfilm famosa, ovviamente, per essersi occupata dei franchise di Indiana Jones e Guerre stellari. Al Pacino, oltre a spiegare che come metodo per interpretare Hoffa da giovane si riferiva a un ricordo della sua vita in quel periodo e provava a recitare come se fosse tornato fisicamente e mentalmente a quell’età, ha specificato la ILM ha perfezionato appositamente per il film delle macchine da presa con dei computer ai lati per tracciare il corpo (principalmente il volto e il busto, come si evince nelle varie foto dal set) partendo da localizzatori posizionati sul bavero e le spalle degli abiti e creare un primo scan dei risultati tramite fotografie scattate in studio per sistemare la direzione della luce sulla pelle e capire cosa perfezionare in post-produzione, oltre ad inserire sfondi, persone, alberi, nuvole, ecc. Attualmente si sta ancora lavorando a pieno regime per immergere il tutto nell’elisir dell’eterna giovinezza digitale in tempo per autunno 2019; nel frattempo, il 12 giugno, Netflix rilascerà il documentario Rolling Thunder Revue: Martin Scorsese racconta Bob Dylan, il suo secondo sull’artista dopo No Direction Home (2005).

Fonti principali

1 ottobre 2008, VarietyScorsese, De Niro to ‘Paint Houses’ (https://variety.com/2008/film/features/scorsese-de-niro-to-paint-houses-1117993218/)

13 maggio 2016, VarietyCannes: Martin Scorsese’s The Irishman Has Buyers Frustrated and Salivating (https://variety.com/2016/film/markets-festivals/cannes-martin-scorseses-the-irishman-has-buyers-frustrated-and-salivating-exclusive-1201773763/)

15 maggio 2016, Deadline HollywoodMartin Scorsese’s Mob Film The Irishman in Major Deal to STX After Heated Bidding War – Cannes (https://deadline.com/2016/05/martin-scorsese-the-irishman-stx-huge-deal-mob-films-cannes-1201756232/)

15 maggio 2016, Hollywood ReporterCannes: STX Wins Battle for Martin Scorsese’s The Irishman (https://www.hollywoodreporter.com/news/cannes-stx-wins-battle-martin-893113)

17 maggio 2016, IndieWireCannes: Why STX Spent $50 Million on a Scorsese Movie That Doesn’t Exist (https://www.indiewire.com/2016/05/cannes-why-stx-spent-50-million-on-a-scorsese-movie-that-doesnt-exist-290304/)

18 maggio 2016, Hollywood ReporterCannes’ $50M Bombshell: Why STX Won the Bidding War for Scorsese’s The Irishman (https://www.hollywoodreporter.com/news/cannes-50m-bombshell-why-stx-894961?utm_source=Sailthru&utm_medium=email&utm_campaign=THR%27s%20Today%20in%20Entertainment_now_2016-05-18%2006:37:29_ehayden&utm_term=hollywoodreporter_tie)

16 agosto 2016, VarietyMedia Asia Grabs China Rights to Martin Scorsese’s The Irishman (https://variety.com/2016/film/asia/china-martin-scorseses-the-irishman-1201839041/)

21 febbraio 2017, VarietyNetflix Buys Martin Scorsese’s The Irishman Starring Robert De Niro (https://variety.com/2017/film/news/netflix-buys-martin-scorseses-the-irishman-starring-robert-de-niro-1201993446/)

21 febbraio 2017, Deadline HollywoodMartin Scorsese’s Robert De Niro Pic The Irishman Heading to Netflix? (https://deadline.com/2017/02/martin-scorsese-the-irishman-acquired-netflix-robert-de-niro-1201931848/)

21 febbraio 2017, IndieWireMartin Scorsese and Robert De Niro’s The Irishman Headed to Netflix (https://www.indiewire.com/2017/02/martin-scorsese-the-irishman-robert-deniro-netflix-paramount-1201785658/)

24 aprile 2017, Hollywood ReporterNetflix Signs Licensing Deal With China’s iQiyi (https://www.hollywoodreporter.com/news/netflix-signs-licensing-deal-chinas-iqiyi-997071)

15 maggio 2017, VarietyFormer Paramount CEO Brad Grey Dies at 59 (https://variety.com/2017/film/news/brad-grey-dead-paramount-1202426862/)

9 febbraio 2018, Deadline HollywoodSTX to Distribute Martin Scorsese’s The Irishman After All With China Deal: The Crazy Backstory (https://deadline.com/2018/02/martin-scorsese-the-irishman-china-stx-netflix-backstory-1202282355/)

12 febbraio 2018, IndieWireMartin Scorsese’s The Irishman Is Getting Way More Expensive: Budget Now Estimated Over $140 Million (https://www.indiewire.com/2018/02/martin-scorsese-the-irishman-budget-140-million-netflix-1201927596/)

10 maggio 2018, IndieWireMartin Scorsese: The Irishman Has Almost 300 Scenes, Which Made It Challenging to Storyboard (https://www.indiewire.com/2018/05/martin-scorsese-the-irishman-300-scenes-1201962579/)

Box Office MojoSilence (https://www.boxofficemojo.com/movies/?id=silence2016.htm)

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