Aspettando The Irishman, parte 3 – Bilanci e pronostici (II)

Parte 1 – Vicende produttive: https://joepicchiblog.wordpress.com/2019/07/21/aspettando-the-irishman-parte-1-vicende-produttive/

Parte 2 – Cast, personaggi e troupe: https://joepicchiblog.wordpress.com/2019/07/22/aspettando-the-irishman-parte-2-cast-personaggi-e-troupe/

Parte 3 – Bilanci e pronostici (I): https://joepicchiblog.wordpress.com/2019/07/23/aspettando-the-irishman-parte-3-bilanci-e-pronostici-i/

 

  1. Quei bravi ragazzi 2?

Su questo e sul prossimo punto, per quanto siano forse più “preoccupanti” dei precedenti, non possediamo informazioni dettagliate ma solo la possibilità di fare qualche congettura. Partiamo con un confronto già fatto, ovvero quello con gli altri gangster movies di Scorsese, specialmente Quei bravi ragazzi. Ora ne parleremo dal punto di vista puramente cinematografico, in quanto molti si aspettano (o temono) una riproposizione pedissequa della struttura e degli elementi chiave di quei film. E in parte hanno ragione, nel senso che sicuramente Scorsese attuerà la suddetta riproposizione, ma è difficile bollarla come pedissequa a priori. Ecco cosa lui stesso ha dichiarato sul mood del film in un’intervista al The Independent: “Parla d’amore, tradimento, rimorso e la tristezza e la tragedia, in definitiva, di una vita condotta in quel modo. Parla anche di perdono, non so se tutto questo rientrerà nel film, potrebbe darsi. […] Penso sia diverso [da Quei bravi ragazzi], penso che lo sia. Ammetto che ci sono – sai, Quei bravi ragazzi e Casinò hanno uno stile particolare che ho creato per loro – è già sulle pagine dello script in realtà. Costruire Quei bravi ragazzi è stato quasi come un ripensamento, al tempo andavo di fretta, sentivo che l’avevo già fatto perché avevo sperimentato tutto in termini di movimenti di macchina, montaggio e cose del genere. Lo stile dell’immagine, i tagli, i fotogrammi, tutto questo è stato pianificato in anticipo, ma qui è un po’ diverso. I personaggi sono pure più vecchi in The Irishman, sicuramente riguarda più il guardare indietro, una retrospettiva sulla vita di un uomo e sulle scelte che ha dovuto fare“.

A mio avviso, traendo le conclusioni da questa dichiarazione e da tutto ciò che ho scritto in precedenza, ci troveremo di fronte ad una miscela di vari elementi dei precedenti biopic scorsesiani, come il declino fisico ben evidente di Toro scatenato, un personaggio minore inserito tra potenti più o meno come in Casinò e, naturalmente, l’ambiente intimo e familiare di Quei bravi ragazzi. Inoltre l’assenza di Brandt come personaggio attivo può avere un suo risvolto positivo, facendo sì che il film si discosti significativamente dalla freddezza “da cartella clinica” di Quei bravi ragazzi per trovare affinità con la descrizione di sistemi e manovre complesse abbinata al dramma privato in grande stile tipica di Casinò, in una direzione ancora più nostalgica che guardi ad un passato che ritorna come una fantasma. Parliamo decisamente di un kolossal con i più grandi boss della Philadelphia degli anni sessanta, la loro infiltrazione nel sindacato degli autotrasportatori e in mezzo una vicenda destinata a passare alla storia; e per quanto non condivideranno lo stesso minutaggio, non penso ciò verrà percepito come un difetto, bensì come un enorme affresco contenente ogni figura possibile. Realizzato peraltro in una sezione del percorso artistico di Scorsese ben delineata, più orientata verso i classici del cinema orientale e che osserva tragedie con sguardo decadente, anche in momenti grotteschi come quelli di The Wolf of Wall Street.

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In secondo luogo si tratta di un film con moltissime scene, molte delle quali preparate di giorno in giorno con gli attori: l’obiettivo è l’alchimia tra di loro, l’intensità del loro rapporto, il carisma della loro persona e delle storie che portano in scena. Ovviamente dei richiami alle loro precedenti interpretazioni ci saranno, è inevitabile ed è, anzi, perfettamente voluto. Per esempio in Quei bravi ragazzi De Niro interpretava il ladro Jimmy Conway, anche lui soprannominato Irishman, e i modi di comportarsi di quel personaggio potranno magari essere intravisti nel giovane Frank Sheeran, quando ancora si sta facendo le ossa. Ancor più interessante è il ruolo di Russell Bufalino, cioè di Joe Pesci, a prima vista decisamente anomalo, tuttavia perfettamente in linea con l’operazione: se da una parte ci stupirà vedere Stephen Graham in una parte che molti avrebbero assegnato a lui, val a dire Anthony Provenzano, dall’altra un Joe Pesci capace di suscitare timore e reverenza stando tranquillo (un po’ come Paulie di Quei bravi ragazzi) è decisamente più intrigante, a mio avviso, che rivedere sempre la stessa parte, soprattutto se consideriamo che in Toro scatenato Pesci era più misurato e comunque intenso. In più il ritratto del giovane Don Rickles diventerà, anche se involontariamente, un ricordo della sua figura e Al Pacino, ora in piena fase shakespeariana, ci riporterà con la mente al vigoroso furore che aveva in film quali Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975) e Scarface (1983).

Insomma, un ricalcare delle orme con nuovo spirito e approccio (specialmente da quando il progetto è passato a Netflix) e un amarcord metacinematografico importantissimo. Scorsese infatti non voleva girare altri film sulla mafia dopo Mean Streets, ma poi realizzò Quei bravi ragazzi e Casinò con Pileggi perché, come detto, attirato dalle tematiche offerte; e dopo questi disse che si sarebbe fermato a meno che non avesse avuto tra le mani una sceneggiatura valida e in grado di aggiungere qualcosa di diverso al genere gangster movie. Così pare essere: in The Irishman tutto, dall’argomento al territorio, sarà più ampio, dilatato e introspettivo; l’occasione perfetta per aver con sé gli attori che lo hanno seguito di più e che, includendo Al Pacino, hanno partecipato alla rivoluzione del genere gangster. Un gioco di autocitazioni o contrasti con le precedenti pellicole o addirittura un addio al genere, un po’ à la Clint Eastwood de Gli spietati (1992). La differenza sarà che qui si riuniranno in buona sostanza tutti gli attori, caratteristi e comparse di questo filone dalla New Hollywood fino agli anni 2010, grazie al fatto che molti Scorsese li ha ri-presi dalle serie TV Vinyl e, soprattutto, da Boardwalk Empire. E qualora questo faraonico cast non bastasse a suscitare i curiosi, non è tutto: se infatti verrà inoltre mantenuto un determinato momento, The Irishman potrebbe contenere un momento storico, per rimanere in tema, tanto quanto la scena del ristorante di Heat di Michael Mann, cioè uno in cui De Niro, Pacino, Pesci e Keitel interagiscono nello stesso momento. La tentazione di vedere riunite per la prima (e  forse unica) volta le vecchie glorie non solo di una tipologia di film, ma di un’intera stagione cinematografica e di un’epoca indimenticabile è davvero forte e siccome l’intera storia sarà permeata da malinconia e sguardi al passato non credo Scorsese si lascerà sfuggire l’occasione per rendere magico quell’istante e salutare il pubblico che lo segue dagli inizi con un frame da incorniciare perché pregno di un significato che sovrasta il mero prodotto, un biglietto da visita che solo il maestro e quegli interpreti sono in grado di regalarci, il tramonto che i film sulla malavita organizzata made in USA non hanno ancora avuto.

Fonti principali

11 maggio 2017, The IndependentMartin Scorsese doesn’t have the answer to life’s meaning, but he needed to ask the question (https://www.independent.co.uk/arts-entertainment/interviews/martin-scorsese-interview-the-irishman-silence-film-director-a7731351.html)

3 gennaio 2019, Deadline HollywoodPeter Bart: Gangster Movies Return In Big Way In 2019, Awakening Genre From Its Hollywood Dirt Nap (https://deadline.com/2019/01/hollywood-gangster-films-return-in-2019-mob-history-movies-1202528574/)

 

  1. Troppa CGI?

 

NBSPOILER su Rogue One: A Star Wars Story

 

A parte la paura di un lavoro magari svolto sbrigativamente negli ultimi ritocchi per una questione di tempistiche (il 4 febbraio 2019 Sebastian Maniscalco ha dichiarato al podcast di Joe Rogan che il film sarebbe uscito in ottobre e appena quattro giorni dopo la montatrice Thelma Schoonmaker, in un’intervista esclusiva ad Yahoo! Entertainment, oltre a ribadire che il film sarà diverso da Quei bravi ragazzi, ha affermato di non aver ancora ricevuto alcuna scena del primo segmento del film, a sua detta quello con gli attori ringiovaniti), la vera domanda sulla CGI è sempre la stessa: quanto influenzerà l’ambiente e, soprattutto, gli attori?

Essa, in generale, è un territorio praticamente poco esplorato da Scorsese ed ha cominciato a fare capolino nelle sue opere a partire dal 2000 circa, quando più alti budget gli hanno permesso di puntare addirittura a kolossal come Gangs of New York o The Aviator. In quest’ultimo gli effetti visivi sono preponderanti e, a dirla tutta, funzionano e reggono tuttora, ricreando bene i mitici voli del milionario Howard Hughes. Guardando alla maggior parte dei casi, però, c’è un motivo per cui i fan preferiscono ricordare il regista di Little Italy come portavoce di uno stile “grezzo” e crudo in cui prevalgono effetti tangibili, al di là della nostalgia per la vecchia scuola o del fatto che siano considerati più efficaci. Perché, intendiamoci, ci sono frangenti in cui la computer grafica è stata impiegata a dovere senza che nemmeno ce ne accorgessimo, ad esempio nel finale di The Departed, dove, senza fare spoiler, un animaletto è stato inserito in post-produzione; eppure, come è stato fatto notare da The CineRanter, sempre in The Departed, film in cui gli schizzi di sangue finto alimentano il senso di violenza e sporco, c’è uno sparo in testa animato al computer durante la scena clou prima del finale: dura una frazione di secondo, ma bisogna ammettere che non è invecchiato benissimo e che è proprio il resto a donare l’alone che ricordiamo tutti, sporco e crudele. E ancora The CineRanter fa notare la fantasia nella resa degli ambienti in Hugo Cabret, la maggior cura nelle scene oniriche di Shutter Island e lo sbalzo tra l’intervento invisibile in Silence e gli alti e bassi di The Wolf of Wall Street, per quanto potesse pure essere voluto, visto il netto divario tra le due pellicole, una intima e misurata e l’altra votata all’eccesso. Insomma, risultati diversi per obiettivi altrettanto diversi, più efficaci sicuramente dove il regista cercava una cura maggiore per oggetti e persone difficili da ricreare in studio o voleva amplificare la maestosità degli spazi.

Ironicamente proprio The Departed anticipava, in maniera puramente artigianale, quello che oggi sembra costituire una nuova moda nei blockbuster e che sarà alla base dell’operazione The Irishman, ovvero il processo di ringiovanimento (de-aging). Allora era bastato inquadrare Jack Nicholson in penombra o di spalle con occhiali da sole, barba più lunga e capelli tinti e pare la CGI non sia intervenuta nel momento in cui il viso viene inquadrato per la prima volta. Si trattava comunque di pochissimi istanti ad inizio film ed anche le successive produzioni, principalmente Disney e Marvel, raramente si sono spinte al oltre la singola scena nonostante il progresso tecnologico, pur con qualche illustre eccezione. Già nello stesso anno di The Departed veniva inaugurato tutto proprio in un cinecomic, vale a dire X-Men – Conflitto finale, da Lola Visual Effects (prima compagnia al mondo a fornire questo tipo di servizio specifico), che si è poi occupata del primo spin-off della saga, X-Men le origini: Wolverine (2009), in parte de Il curioso caso di Benjamin Button di David Fincher (2008) e soprattutto dei film del Marvel Cinematic Universe con validissimi se non eccellenti traguardi: se con Ant-Man (2015) e Captain Marvel (2019) ha reso bene dei giovani Hank Pym e Nick Fury piuttosto che dei ringiovaniti Michael Douglas e Samuel L. Jackson, in Captain America: Civil War (2016) e Guardiani della Galassia Vol. 2 (2017) si è invece superata, riuscendo magnificamente nell’impresa di riportare indietro nel tempo gli attori (rispettivamente Robert Downey Jr. e Kurt Russell) assieme ai loro personaggi (Tony Stark e Ego) senza che nemmeno la voce stonasse, specialmente nel caso dei Guardiani; stessa cosa con Avengers: Endgame (2019), dove i viaggi nel tempo la fanno da padrone.

Tralasciando poi la non proprio applaudita collaborazione della stessa Lola VFX con Moving Picture Company in Terminator Genisys (2015), bisogna citare le altre tre importanti compagnie che si sono occupate di de-aging. In primis Weta Digital, creatrice del mondo di Pandora in Avatar di James Cameron (2009) e collaboratrice di Peter Jackson, per il quale ha fatto tornare Orlando Bloom/Legolas all’epoca de Il Signore degli Anelli negli ultimi due film della trilogia de Lo Hobbit, per quanto l’abuso della CGI rendesse questo, il drago Smaug e altri dettagli delle perle nascoste nel mare della mediocrità. In secondo luogo Digital Domain, società fondata nel 1993 da Cameron, Stan Winston e Scott Ross distintasi con Apollo 13 (1995), Titanic (1997), Al di là dei sogni (1998), il già citato de Benjamin Button, la trilogia prequel degli X-Men e, parlando del nostro caso, Tron: Legacy (2010), sequel del cult targato Disney e abbastanza curato nel mettere a confronto le due controparti di Jeff Bridges (almeno come resa). Infine c’è la Industrial Light & Magic, il cui curriculum alla Lucasfilm è arcinoto ed ora ha in mano The Irishman. Ed è qui che iniziano i miei timori, visto che finora si è occupata della tecnica solo in Rogue One: A Star Wars Story (2016) e ciò ha costituito la scelta più controversa e criticata dell’operazione.

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In realtà in Rogue One non si può parlare esattamente di de-aging, in quanto, precedendo di appena un anno lo stratagemma di Blade Runner 2049, entrambi i personaggi sottoposti al procedimento non sono interpretati dagli attori che ne vestirono i panni nella Trilogia originale. Difatti le immagini

 [SPOILER]

del Grand Moff Tarkin e della Principessa Leia sono state “riciclate” da Guerre stellari (1977) e imposte come una vera e propria maschera su due attori. Su Ingvild Deila/Leia ciò si nota pochissimo in quanto la sua comparsa dura una manciata di secondi e la rigidità dei movimenti è evidente soltanto quanto muove le labbra e sorride, complice il fatto che l’unica parola da lei pronunciata, hope, è un campionamento audio del primo film della saga; con Tarkin iniziano le note dolenti perché, nonostante Guy Henry fosse simile al defunto Peter Cushing e si fosse allenato per imitarne fedelmente postura, voce e movimenti, per esigenze di trama non era possibile mostrare un Tarkin più giovane rispetto agli eventi di Episodio IV e così è stata adottata la tecnica “al contrario”, per così dire. Ora, tralasciando le questioni etiche sulla decisione di sfruttare artificialmente l’immagine un attore scomparso da anni (Carrie Fisher all’epoca era ancora in vita e aveva dato il suo consenso, data l’impossibilità di impersonare sé stessa a 21 anni), sappiamo che il personaggio è stato inserito sia perché impossibile non citarlo in quel contesto sia per mero fan service, tuttavia uno spazio più ridotto, un maggior uso del trucco prostetico e altri banali ma funzionali accorgimenti (ripresa di spalle, riflessi nei vetri, inquadrature sotto il busto) avrebbero forse evitato di lasciar impressa una pelle lucida come plastica  in un film tutto sommato tangibile perfino nei momenti totalmente in CGI.

È pur vero che nello stesso anno abbiamo avuto un contraltare ben più efficace in televisione con il ringiovanimento di Anthony Hopkins operato dalla Important Looking Pirates nella serie Westworld e che, in sé per sé, la tecnica di Rogue One era comunque all’avanguardia. E bisogna specificare che in The Irishman si tratta di effettivo de-aging, ovvero si lavorerà su un volto a mo’ di chirurgia plastica in digitale invece che applicarne uno pre-esistente. Dei dubbi vengono dunque fugati, ma guardando le foto di Michael Douglas in Ant-Man prima e dopo la lavorazione penso sempre ai discorsi di The Cineranter e ad un semplice fatto: il volto umano conta circa 18 muscoli di cui 14 inerenti alla mimica facciale e nella vecchiaia anche una ruga può fare la differenza in un’espressione, quanto allora le performance verranno influenzate sui cambiamenti della pelle, delle sopracciglia, della fronte, delle labbra? Negli altri casi pare non essere andata così e Scorsese è un professionista che difficilmente vedo capace di fare una cosa del genere (specie se Netflix gli ha dato davvero carta bianca), ma se invece di rigirare una scena si limitassero a correggere le movenze dei protagonisti con la CGI? Sono questioni da non sottovalutare e la cautela di Netflix nel mostrare qualcosa prima dell’uscita del film con la scusa del non sentire la necessità di una campagna marketing o la preoccupazione espressa da Scorsese nel podcast A Bigger Canvas sulla difficoltà di far apparire i volti i più realistici possibile non può che fomentare questo e altri quesiti.

Perché finora abbiamo parlato esclusivamente degli attori e del de-aging, ma si andrà a “intervenire” anche sugli ambienti, sugli sfondi in green screen, sul cielo, ecc. E in quel caso bisogna temere un’eccessiva color correction o un’illuminazione povera, molto spenta anche con colori brillanti per via di una palette consona allo standard degli odierni blockbuster? O ancora, per chi ha letto il libro e sa di cosa stia parlando, riporteranno scene come l’aneddoto della lotta di Frank con il canguro, difficile da rendere su schermo senza farlo sembrare troppo ridicolo? Inoltre le foto di scena sono numerose, ma mostrano più o meno le stesse cose e gli stessi set: che in studio stiano ricreando altre scene, magari i flashback sulla seconda guerra mondiale? Potremmo andare avanti per ore, ma finché, appunto, non ci verranno mostrate fotografie ufficiali o quant’altro il nostro rimane un dubbio ancora più vago del precedente, basato soltanto su impressioni perlopiù negative e analogie con i casi precedenti. Ma dubito anche che Netflix agisca con largo anticipo, credo anzi che terrà tutto segreto fino alla pubblicazione del primo effettivo trailer e anche lì potrebbe scegliere di mostrare poco e niente per mantenere la sorpresa addirittura fino all’uscita effettiva. Quel che è certo, CGI o meno, è che Scorsese e soci hanno messo anima e cuore nel progetto, per cui non mi aspetto affatto un disastro: il nostro sa circondarsi dei giusti collaboratori e pertanto non penso sia possibile un risultato posticcio e grave; oltretutto stanno puntando tutto su questa tecnologia per raggiungere al meglio i propri obiettivi e pertanto sono pronto a qualsiasi sbavatura, se compensata dal resto. In ogni caso c’è da lodare l’intento: la vecchiaia non li ha fermati, non è troppo tardi per The Irishman!

Fonti principali

4 febbraio 2019, PowerfulJRE, canale YouTube ufficiale di Joe Rogan – Joe Rogan Experience #1237 – Sebastian Maniscalco (https://www.youtube.com/watch?v=uBkFF_inHgE)

8 febbraio 2019, Yahoo! Entertainment – Thelma Schoonmaker: Martin Scorsese’s The Irishman is not Goodfellas (EXCLUSIVE) (https://www.yahoo.com/entertainment/scorseses-netflix-movie-irishman-not-goodfellas-says-thelma-schoonmaker-200309938.html)

15 maggio 2019, podcast A Bigger Canvas della casa di distribuzione indipendente A24 (https://a24films.com/notes/2019/05/a-bigger-canvas-with-martin-scorsese-and-joanna-hogg)

 

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